“Il mondo soffre per colpa dell’intolleranza, del bigottismo e per l’errata convinzione che ogni azione energica sia lodevole anche se male indirizzata; mentre la nostra società moderna, così complessa, ha bisogno di riflettere, di mettere in discussione i dogmi”.
Bertrand Russel (1872-1970) tratto da “Elogio dell’Ozio”
Io sono certamente un soggetto vulcanico e ipertattivo. La mia vita è organizzata, incastrata, pressata tra un impegno e l’altro al punto da programmare anche quando andare al bagno (oggi posso farla tra la riunione delle 3 e quella delle 4). Un percorso di vita difficile che spesso sfocia nell’isteria, nella rabbia e, in modo contradditorio, nell’insoddisfazione.
Pertanto, quando non sono impegnata ad essere un animale sociale attivo e produttivo come la formica laborosa, scivolo inesorabilmente nell’oblio dell’ozio, e ascolto il canto della cicala.
l termine ozio (derivato dal latino otium) indica un’occupazione principalmente votata alla ricerca intellettuale ed è contrapposto a negotium, termine che indica occuparsi (più per necessità che per scelta) dei propri affari.
Ma cos’è l’ozio per me?
Prendermi del tempo per non fare.
Quando “non fai” puoi riflettere, pensare, cambiare mille volte idea senza la preoccupazione di dover produrre un risultutato.
Ecco cosa volevano dire gli antichi con l’espressione “la notte porta consiglio”: quando per una forza superiore gli occhi non vogliono chiudersi, e si è costretti a rimanere forzatamenti svegli ma inerti, in quel momento l’ozio è alla sua massima espressione.
Ho faticato molto a trovare illustri personaggi che avessero scritto qualcosa su questa mia idea di ozio. Scrivere del fare, del produrre, del costruire è facile, ma scrivere del non fare è una cosa pericolosa!
Essere liberi di fare, o di non fare, rende più produttivi che inseguire l’ostinata ricerca del risultato. Questo è il mio pensiero.
Con questo non voglio dire che dobbiamo passare le nostre giornate svaccati sul divano in preda ad uno zapping compulsivo tra una montagna di canali spazzatura, ma, come diceva già Stevenson nel 1877
“Dobbiamo rivalutare il significato di ozio dandogli la connotazione positiva di ricerca del piacere all’interno del difficile mestiere di vivere”.
L’ozio va inteso come riflessione e contemplazione come lo intendava Seneca, nel suo “De Otio”.
Per gli antichi romani il termine otium non significava “dolce far niente”, bensì un periodo libero dagli impegni politici e civili nel quale era possibile aprirsi alla dimensione creativa. Oggi che la maggior parte della fatica manuale e di routine è eseguita dalle macchine, ci è richiesto sempre più di essere creativi e fantasiosi, di superate le rigide distinzioni tra lavoro e vita personale, razionalità ed emozione; marciamo verso un futuro in cui, grazie alla tecnologia, potremo riappropriarci del nostro spazio domestico restando in contatto con il resto del mondo. Paul Lafargue (“Il diritto alla pigrizia”,1883) muove un’aspra critica alla strana follia che si è impossessata di uomini e donne della società moderna: l’amore per il lavoro, ovvero una passione che è causa della degenerazione intellettuale tipica delle società capitalistiche, nonché generatrice di miserie individuali e sociali.
“ Sì, lo dico e lo teorizzo. Il mercato del lavoro è così cambiato che richiede creatività, flessibilità. Permette cioè di mescolare tutto. Produzione, gioco, vita privata. Io credo molto di più ad un modello di sviluppo latino che a quello anglosassone. Dove il ritmo della vita non viene sacrificato in nome della carriera. Sapete cosa rispose Napoleone quando il pittore David gli domandò in quale posa volesse essere ritratto? Sereno su un cavallo imbizzarrito, disse Bonaparte. Ecco la mia sensazione è che gli italiani siano imbizzarriti su un cavallo sereno. Cioè frenetici a vuoto…
…. L’ozio creativo è quella parte della vita che noi dobbiamo recuperare, e che le professioni della new economy ci permetteranno di esprimere. Orari flessibili, possibilità di lavorare da casa, di giorno, di notte, quando si vuole”.
(Domenico De Masi, 2000)
Chi riuscirà a fermarsi e a scendere da questo mondo in corsa?
Non siamo più abituati a stare fermi e a lasciare che il mondo ci giri intorno, non riusciamo più ad annusarlo, toccarlo ed ascoltarlo… se riusciremo a fermarci, solo allora, inizieremo a pensare.
“Tutti sono capaci di lavorare. Pochi conoscono l’arte dell’ozio”
(Alessandro Morandotti 1980)